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PLaNCK! N. 16 - Gennaio 2019
Rivista quadrimestrale
ISSN 2284-0761
italiano/inglese
L’evoluzione è la più bella storia che sia mai stata raccontata. Da dove veniamo? Qual è il posto dell’uomo nella natura? Sono domande che la mente umana si pone da sempre. La risposta ha la forma di un albero, il grande albero della vita, pieno di ramoscelli verdi (le specie), di snodi tra un ramo e l’altro (gli antenati comuni) e di rami secchi (le specie estinte). Il primo insegnamento dell’evoluzione, infatti, è che siamo tutti parenti e tutti differenti. Ogni essere vivente, dal vermicello alla balena, è legato da una parentela che affonda nella notte dei tempi.
Se siamo tutti cugini significa che l’evoluzione non è una scala di progresso con animali che stanno sopra, superiori, e animali che stanno sotto, inferiori. Ogni specie in natura è un’esplorazione di possibilità, una storia unica, un tentativo riuscito, ma imperfetto, di sopravvivere nell’ambiente. Imperfetto perché l’evoluzione non è un ingegnere che mette a punto una macchina impeccabile, ma un artigiano che fa quello che può con il materiale a disposizione. L’evoluzione è bricolage.
Il primo a capire tutto questo fu un mite naturalista inglese che nell’Ottocento viveva nelle campagne del Kent, dopo aver circumnavigato il globo per cinque anni: Charles R. Darwin.
Di lui sappiamo che non amava gli steccati disciplinari: si interessava di geologia, di zoologia, di botanica, di geografia, di antropologia. L’evoluzione ha questo fascino supplementare: è l’unica teoria scientifica che ci fa volare nel tempo e nello spazio, che spiega fenomeni accaduti milioni di anni fa, grazie ai fossili, e fenomeni che si possono osservare in diretta ancora oggi, sotto il vetrino in laboratorio o passeggiando in una foresta.
Lo spirito osservativo e la pazienza permisero a Darwin di afferrare il segreto più intimo dell’evoluzione: la diversità individuale. Non c’è un organismo uguale a un altro. Ciascuno è portatore di differenze casuali (oggi sappiamo dovute a mutazioni genetiche) che permettono di avere maggiori o minori possibilità di sopravvivere e di raggiungere l’età adulta, di riprodursi e quindi di trasmettere ai discendenti le proprie differenze. Non è necessario essere campioni del mondo: basta mimetizzarsi un po’ meglio, correre un po’ più veloce. Nell’evoluzione infatti non sopravvive sempre il più forte, ma anche il più flessibile, il più cooperativo, o qualche volta, semplicemente, il più fortunato!
Telmo Pievani
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