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Al cader delle foglie

  • Autore: Giuseppe Fassina
  • ISBN: 9788867878574
  • Collana: Poesia
  • Data Edizione: 2017
  • Numero pagine: 136
  • Illustrato: a colori
  • Stato: Disponibile
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"Queste poesie vennero in parte pubblicate nel 1967 con il titolo «Le Nuove Comete» tratto da un momento particolare della mia storia personale allorché dieci anni prima mi era capitato di ascoltare a Washington l’angoscioso annuncio del lancio nello spazio dello sputnick sovietico dato agli americani dal presidente Kennedy e trasmesso proprio al termine della mia pensosa visita al cimitero di Arlington dove sarei tornato una seconda volta anni dopo per una reverente sosta alla tomba di quel Presidente ucciso a Dallas dove tra il cinguettare degli uccelli ed il rincorrersi degli scoiattoli riposano i resti di molti caduti delle guerre americane.
Invano sperai che l’avventura dell’uomo nello spazio si tramutasse in un pegno di pace non dissimile da quello epifanico della nascita del Salvatore descritto dall’Evangelo di Marco, ma, purtroppo, la speranza che lo sputnik per il genere umano divenisse “cometa” andò ben presto delusa.
Giunse, dopo una entusiasmante esperienza lavorativa accanto ad Enrico Mattei, il faticoso servizio reso alla città di Milano nella difesa dei suoi aeroporti che mi consentì di riporre vittoriose in una borsa a lungo portata le carte squadernate sui tavoli dei potentati romani dell’epoca.
Allora non mancò l’occasione di presentare quel mio primo approccio poetico alla stampa nel primo giugno del 1967 che mi riservò un benevolo commento, trovando simpatico ma «fuor dagli ulivi» che, in un’epoca in cui le comete erano divenute seminatrici di morte, ci fosse ancora qualcuno che, «con animo da antico umanista», apprezzasse un piccolo «hortus conclusus» per spaziare verso orizzonti di serenità e di pace legittimando in tal modo che alla domanda se fosse «davvero così lontana la poesia dalla vita» si potesse rispondere negativamente facendo rivivere con «sensibilità viva e squisitezza d’animo…un romanticismo carducciano che dissolve in musicalità emotiva una più profonda problematica» rievocando il più grande e tragico «cimitero del mondo» e il primo lancio di un satellite nello spazio preludio del viaggio dell’uomo sulla «pallida Luna», questa volta vera e non leopardiana.
La ristampa odierna ricalca quei sentimenti resi ancor più pungenti dalla scomparsa della mia sposa che con il suo animo delicato e gentile seppe accompagnarmi nelle vicende, ora tristi ora liete, della vita e che tuttora, nel ricordo del suo viso radioso, torna spiritualmente a rendere meno pensoso il mio residuo cammino in cui si affacciano, assillanti, i canti del poeta greco Mimnermo sulla vita dell’uomo resa simile al «cader delle foglie» e di Pindaro che si affidava alla «speranza, nutrice di vecchiezza».
Prima di affidare alle stampe il riassetto dell’edizione del 1967 ho volutamente messo a confronto un modesto richiamo alla lirica greca con la più abbondante e varia poetica dei “tempi nuovi” per dare un saggio, se pur limitato, dell’evolversi delle tematiche e dei modi di poetare attraverso il succedersi delle epoche.
Ritengo ora doveroso dare al lettore una risposta all’interrogativo che mi ero posto ancor prima di quella modesta pubblicazione con il chiedermi dove fosse mai “il paese dei morti” domanda, questa, sortami allorché da un sito reso ignoto dal controllo militare nei primi mesi del 1942, in piena guerra, mi giunsero da un amico carissimo due fotografie di un cimitero russo senza indicazioni atte ad inquadrarlo in un preciso contesto salvo l’indicazione di quel “ritorneremo” desumibile da una delle due che ora pubblico.
A guerra ultimata appresi che si trattava di sepolture di militari caduti in uno dei primi scontri sostenuti su quel fronte dal Corpo di Spedizione Italiano prima della sua integrazione in ARMIR delle divisioni composte essenzialmente da Alpini provenienti da diverse regioni italiane che da 229.000 unità inziali persero nella prima fase del conflitto da cui quel cimitero originava 5.000 uomini ai quali s’aggiunsero gli altri 100.000 tra caduti e dispersi nella tragica ritirata dal Don del dicembre del 1943 conclusasi nell’uscita dalla sacca con l’ultimo eroico scontro di Nicolayewka.
Solo recentemente grazie ai moderni sistemi elettronici, ho potuto apprendere che quel cimitero esiste ancora ed è ricordato come “Cimitero di Vorosilovgrad” dove vennero tumulati i primi numerosi caduti di una tragedia che si profilò ben presto, e sin dall’inizio, “inutile e grande”.
Uno dei sopravvisuti, un tal Giuseppe Caprara, a quel “ritorneremo” ha risposto con un “non dimenticateci” raccomandando ai posteri di non attendere “che il sangue conosca solo il bacio della morte e la terra nasconda la carne lacerata con le sue mani di fiore nell’ultimo sforzo d’orgoglio”.
La grande tragedia è la risposta all’interrogativo che mi ponevo da tempo e che trova conferma nel fatto che quei caduti rimasti in quella terra lontana del loro olocausto abbiano trovato riscontro in altra terra russa dove dopo Vorosilovgrad, a Wikitowka, Podgornoje, Illusceswoka, Postojalowka, Scheljakino, Wiholajeiwha e Nicolayewka, per citare le battaglie più cruenti, è scomparsa la miglior gioventù del nostro paese. Se, poi, qui ricordassimo la Shoah con Dachau, Auschwitz, Buchenwald, Bergen-Belsen, Birkenau, Treblinka e altri campi di sterminio dove si consumò il mostruoso eccidio degli Ebrei voluto da Hitler e meditassimo su quanto sta accadendo in Medio Oriente ed in più parti del mondo non dovrei pormi la domanda per uno ma per un incalcolabile numero di “paesi dei morti”, sperando nell’interesse di chi leggerà questa pagina che non debba verificarsi quanto ha ipotizzato Primo Levi nel suo libro “I sommersi e i salvati”: “È avvenuto, quindi può avvenire di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”, che cioè l’uomo cessi di essere all’uomo Caino."

Prefazione
Giuseppe Fassina


ISBN:9788867878574
Collana: Poesia
Autore: Giuseppe Fassina
Edizione 2017
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